SIMBOLISMO ITALIANO: un viaggio tra la grafica (e la storia) degli stemmi degli enti italiani.
Recentemente siamo stati contattati da un comune per sistemare della segnaletica interna. Luoghi di interesse, info point... cose di questo genere. Come abbiamo cominciato il lavoro, uno degli aspetti che ci ha subito messi in difficoltà è stata la questione logo.
“Avremmo bisogno del logo del comune...”
“Ah no, non l'abbiamo... non sappiamo... quale logo...”
Insomma, abbiamo dovuto faticare parecchio per riuscire ad avere uno logo che potesse essere utilizzabile. Qui trovate l'immagine di un comune qualsiasi che presentiamo solo come esempio.
Come abbiamo ricevuto il file, qualcosa in noi è scattato e ci siamo fatti molte domande sul perché e il per come di questo logo: perché c'è una corona? Perché ci sono delle foglie di quercia e alloro? Ma tutti i comuni devono avere quello scudo al centro? È uno schema obbligatorio?
E più ci facevamo domande più la tana del bianconiglio risultava profonda e buia. E visto che noi adoriamo seguire il folle leporide, abbiamo deciso di pedinarlo fino in fondo.
LA LEGGE
Gli Enti italiani devono dotarsi, per legge, di un simbolo che è stato codificato nel lontano 1990 e rivisto nel 2011. L'ufficio del cerimoniale di Stato e delle onorificenze ne detta le caratteristiche in modo univoco. Il simbolo è tripartito: Scudo, Corona e Rami.
SCUDO
Deve essere presente uno scudo detto “Sannitico moderno”, con proporzione 7 moduli in larghezza e 9 in altezza e deve avere gli angoli inferiori arrotondati.
Tale scudo conterrà i vari simboli legati all'ente e derivati dalla storia dello stesso.
CORONA
Sopra lo scudo dovrà essere presente una corona che avrà forma e colori diversi a seconda che l'ente sia una provincia, una città o un comune.
RAMI
Sotto lo scudo saranno presenti due rami (di alloro e di quercia) legati da una bandiera italiana.
Ecco lo schema generale.
Ora, ci saremmo anche potuti fermare qui... ma la nostra curiosità supera di gran lunga il nostro buon senso e quindi le domande “Perché l'alloro? Perché la quercia?” hanno aperto una voragine nel già fragile cunicolo dove ci trovavamo facendoci sprofondare in un abisso di storia e simbolismo che ha radici dal momento zero della nascita del nostro Bel Paese.
Infatti la questione del simbolismo araldico si incastra nella storia italiana sia dai suoi primi vagiti. Il 5 maggio 1948 l'Italia repubblicana ha il suo emblema, al termine di un percorso creativo durato ventiquattro mesi, due pubblici concorsi e un totale di 800 bozzetti, presentati da circa 500 cittadini, fra artisti e dilettanti. (già nel '46 si facevano gare creative aperte a tutti.)
La vicenda ha inizio nell'ottobre del 1946, quando il Governo di De Gasperi istituì una apposita Commissione che percepì il futuro stemma come il frutto di un impegno corale, il più ampio possibile. Per questo, si decise di bandire un concorso nazionale aperto a tutti, basato su poche tracce: esclusione rigorosa dei simboli di partito, inserimento della stella d'Italia, "ispirazione dal senso della terra e dei comuni". Ai primi cinque classificati sarebbe andato un premio di 10.000 lire. Sapete a quanto ammonterebbe oggi tale cifra? Poco più di 300 euro odierni. (divertitevi qui ).
Già all'epoca si dava davvero peso alla questione grafica...
IL PRIMO CONCORSO
Al concorso rispondono 341 candidati, con 637 disegni in bianco e nero. I cinque vincitori vengono invitati a preparare nuovi bozzetti, questa volta con un tema ben preciso, imposto dalla Commissione: "una cinta turrita che abbia forma di corona", circondata da una ghirlanda di fronde della flora italiana. In basso, la rappresentazione del mare, in alto, la stella d'Italia d'oro; infine, le parole UNITÀ e LIBERTÀ. La scelta cadde sul bozzetto di Paolo Paschetto, al quale andarono ulteriori 50.000 lire ( circa 1500euro oggi) e l'incarico di preparare il disegno definitivo, che la Commissione trasmise al Governo per l'approvazione, esponendolo insieme con gli altri finalisti in una mostra in Via Margutta.
È il febbraio 1947: l'emblema sembrava cosa fatta, ma il traguardo era ancora lontano. Come accade anche nel moderno 2023, basta il parere negativo della persona sbagliata per mandare tutto all'aria. L'emblema, infatti, non piacque a qualcuno che lo definì, addirittura, "tinozza" e fu perciò nominata una nuova Commissione che bandì, attraverso la radio, un secondo concorso, di cui, purtroppo, non rimane alcuna traccia negli archivi.
IL SECONDO CONCORSO
L'esame di alcune lettere, però, farebbe pensare che l'orientamento fosse quello di privilegiare un simbolo legato all'idea del lavoro. Anche questa volta, risultò vincitore Paolo Paschetto (che per inciso era professore di ornato all'Istituto di Belle Arti di Roma) il cui elaborato fu sottoposto a ulteriori ritocchi da parte dei membri della Commissione.
Finalmente, la proposta approdò all'Assemblea Costituente dove, con non pochi contrasti, fu approvata nella seduta del 31 gennaio 1948. Ed ecco lo stemma definitivo con tutte le sue parti: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia.
Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale. Il ramo di quercia che chiude a destra l'emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo. La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.
Per gli Enti, quindi, è stato mantenuto il ramo di quercia e sostituito quello di ulivo con uno di alloro che simboleggia la vittoria e il trionfo. (su cosa...non si sa).
Nella nostra ricerca iconografica abbiamo notato come la divisione sopracitata per gli Enti dello stato italiano sia stata rispettata in modo molto diligente e il risultato è, a nostro modo di vedere, molto pesante e completamente fuori tempo.
Cosa che non stupisce visto che questa iconografia dovrebbe avere lo scopo di tracciare una rotta grafica per molti anni. Quando questi anni sono troppi, però, forse può essere il caso di rivedere qualcosa.
Eppure, in questo tripudio di colori ammassati, in questa orgia di simboli che si accavallano, di sfondi che lottano tra di loro... un comune è riuscito nell'ardua impresa di ammodernare questa complessa struttura.
Lode a te Sesto Fiorentino! (non a caso, luogo di nascita del nostro Art Benedetto Papi), che sei riuscito nell'arduo compito di PULIRE il campo dal rumore di fondo e di studiare un simbolo che non faccia venire le vertigini alla vista.
Pur mantenendo tutte le parti sacre dettate dal'Ufficio onorificenze e araldica, il comune ha sviluppato un simbolo leggero, pulito e al passo coi tempi e che divide bene le due chiavi di lettura:
- quella statale, in grigio
- quella comunale, simbolo a colori interno allo scudo
Ci sarebbe da provare a vedere come starebbero altri loghi in questa veste... ah, mi dicono dalla regia che abbiamo provato ;)