Un nuovo logo per l'Italia

 

Oggi vorremmo trattare il rebranding del nuovo logo della FIGC.

Affidato a Indipendent Ideas è stato presentato qualche giorno fa assieme anche a un video e a una nuova "identità sonora".

È chiaro che non tratteremo minimamente di questa ultima parte concentrandoci sull'apparato grafico.

 

 

LA DOVEROSA PREMESSA

 

Inutile girarci troppo attorno: prendere in mano un rebranding del genere non è cosa da poco. Un marchio che ha un impatto così forte su un'intera economia, ha un peso specifico davvero importante.

Riuscire a districarsi tra i possibili mille paletti, le possibili mille voci (nel branding è come nel calcio: siamo tutti allenatori...) dev'essere stata una vera impresa, soprattutto se si parla di calcio.

Questa piccola premessa serve solo per chiarire che la nostra disamina vuole essere la più obiettiva possibile e vuole tenere conto della reale complessità del lavoro, che non è solo tecnica.

UN PO' DI STORIA

 

Per capire un rebranding e non farci guidare dal puro istinto de “mi piace o non mi piace”, serve conoscere la storia del logo in questione e di come questo si sia evoluto nel tempo. Di seguito possiamo vedere l'albero genealogico dello stemma della nazionale.

 

 

 

Tralasciando il periodo regio e fascista possiamo stabilire tre grandi momenti: il momento tricolore 42-82 (comprensibile visto la nascita della repubblica), il momento del gioco vero e proprio 74-92 (e quindi del cerchio come simbolo del pallone), soluzione che ha gradualmente lasciato il posto al momento dello scudetto con il passaggio di consegne negli anni 2000 dove la palla è quasi uscita di scena.

Un'evoluzione che segue in modo significativo le onde della storia, dove è possibile capire quali fossero i temi centrali nel vari anni (guardiamo il peso de “Federazione Italiana Giuoco Calcio” dal 1992 al 2000) e come sono stati poi trattati.

 

 

I CAMBIAMENTI RISPETTO AL 2017

 

Per parlare in modo ragionato di questo rebranding è utile mettersi in attenta osservazione, come fossimo davanti a una pagina della settimana enigmistica cercando le differenze tra due immagini.

Prendiamo quindi in esame i due loghi più vicini nel tempo quello odierno e quello che ci ha lasciato.

Proviamo a identificarle in modo asettico, senza alcuna osservazione ulteriore o nessuna iniziale impressione personale. Solo differenze.

  • Cambio dello shape. Più morbido, con abbandono delle punte finali

  • Cambio del fondo: non più azzurro, ma bianco

  • Utilizzo marginale del colore oro, utilizzato solo per FIGC

  • Cambio font

  • Eliminazione di ogni riferimento diretto al pallone/palla

  • Ingrandimento delle dimensioni e dell'ingombro del tricolore

     

Di seguito possiamo osservare le versioni sui vari sfondi per capire il moto del logo su supporti diversi.

 

 

In generale possiamo dire che il logo risulta meno carico di segni e orpelli rispetto al passato e sicuramente più impattante, lato strettamente d'ingombro. Ma quindi? Funziona meglio o peggio rispetto al 2017? È un rebranding che ci convince o meno? Per chiarire la nostra posizione c'è bisogno di fare un'ulteriore analisi, più tecnica questa volta.

 

L'ANALISI TECNICA

Il fatto di aver abbandonato uno shape “aguzzo” più essere in linea con i moderni trend dei loghi: le forme si ammorbidiscono e si semplificano. Una semplificazione che dovrebbe interessare anche gli spazi e le dimensioni; qui, invece, le dimensioni aumentano.
L'ingombro del tricolore (così esagerato rispetto al 2017) ha costretto alla stesura di una sorta di gonfalone. L'abbandono dell'azzurro sullo sfondo (che può avere anche senso lato cromatismo) ha ulteriormente enfatizzato tutto ciò che c'è all'interno, rendendolo ancora più “bold”.

La stessa font risulta esageratamente grossa, forse sempre per colpa del fondo bianco. In aggiunta, questo fondo rende la versione positiva molto poco armonica nella parte centrale dove la banda centrale è enorme rispetto alle altre due. Questo problema, chiaramente, non si pone con le altre versioni, dove è stata adeguatamente ridisegnata.

Visto che si parla di font, avremmo fatto un intervento migliorativo sul kerning tra la T e la A iniziali, lo spazio di questo AVANT GARDE è molto stretto tra quelle due lettere. Ciò avrebbe richiesto un aggiustamento globale, ma pensiamo che sarebbe stato uno step almeno da prendere in considerazione per studirne un nuovo equilibrio.

Sempre trattando la questione spazi, crediamo che la centratura della sigla FIGC sia stata fatta automaticamente, ma così risulta leggermente sbilanciata a sinistra. Forse una centratura ottica sarebbe risultata la scelta migliore.

Lato cromia abbiamo poco da dire: da sempre l'Italia ha usato un quinto colore (l'oro) per staccarle le varie parti sia dal fondo che dal centro. È una scelta di comodo, che non ci convince appieno e che meriterebbe un ragionamento ulteriore lato semplificazione. Sul logo positivo, sarebbe possibile avere solo quattro colori? Quelli della bandiera e un altro solo? A nostro dire sì, ma bisognerebbe metterci mano e capirne la reale fattibilità.

 

Se volessimo spingere l'analisi su questioni più di branding che di logo, il ragionamento che ci sentiamo di mettere sul tavolo riguarda sempre il fondo bianco: negli anni il fondo azzurro, anche se davvero poco pulito lato cromia (azzurro e verde/azzurro e rosso non sono proprio il massimo in termini di contrasto), permetteva di riportarci al concetto di “azzurri”. Arrivano gli “azzurri”, di cui quel “è azzurro il cielo sopra Berlino” echeggia ancora nei nostri cuori.

Era un richiamo diretto a quel simbolo, questo sì, davvero potente e trasversale.

La scelta di relegare l'azzurro a bordo nella sola versione positiva ha, come abbiamo visto, un preciso intento grafico (far emergere bene il resto), ma ha inevitabilmente la contropartita di perdere una possibile seconda lettura interessante.

 

IL VERDETTO

 

1-1 palla al centro. O come direbbe il Sommo "sanza 'nfamia e sanza lodo"

 

Questo è un logo chiaramente figlio del suo tempo. Nessun azzardo, nessun guizzo, nessuna vera idea. Lato design non c'è nulla che ci faccia dire: il lavoro è potente. Fa il suo mestiere: si fa leggere. E forse basta quello. Al netto di tutto. 

È un bel logo? No. Ma quando si parla di loghi, non è mai questione di bellezza.